Di moda e necessità – parte 1

C’è un tema che da un po’ di tempo a questa parte mi sta molto a cuore e a cui ho iniziato a dedicare molto tempo e attenzione.

Si tratta della moda etica e sostenibile.

Durante i lunghi mesi di gravidanza ho avuto occasione di guardare un documentario, “The True Cost“, disponibile su Netflix che mi ha fatto pensare molto.
Moda, shopping, tutte cose che mi sono sempre piaciute tantissimo e mi piacciono tutt’ora. Ma li guardo con un occhio diverso.

Avete mai fatto caso a quanto poco costino gli abiti oggi? E quante collezioni escono in un anno? 52, una a settimana. E quanto durano i capi che compriamo nelle grandi catene?

Ecco la definizione di Fast Fashion.

Una macchina che ci spinge a comprare molto spesso, spendendo poco per volta, proponendo sempr qualcosa di nuovo. E con qualità discutibile. Ma cosa importa, l’abbiamo pagata poco. E senza rendercene conto siamo vestiti tutti uguali, compriamo i vestiti perché li abbiamo visti indosso a tutti, perché li ha mostrati la tal influencer ecc.

Ebbene, ci siamo mai chiesti da dove vengano i nostri vestiti?

Forse non tutti lo ricordano ma nel 2013 in Bangladesh per il crollo di un edificio, il Rana Plaza, hanno perso la vita più di 1000 persone, con più di 2000 feriti, che lavoravano in una fabbrica di vestiti di queste grandi catene del fast fashion. Zero tutele, zero diritti. Ecco come fanno le nostre magliette a costare 5€.

Da quel momento si è iniziato a parlare più diffusamente di tracciabilità degli abiti lungo tutta la catena produttiva, di moda etica e di moda sostenibile. Molti grandi marchi, non solo quelli della fast fashion, purtroppo hanno le loro produzioni in paesi in cui la manodopera è sfruttata all’inverosimile, dove i lavoratori, donne e anche bambini non hanno diritti né sono tutelati in alcun modo sul posto di lavoro.

Inizialmente mi sono detta che forse sarebbe bastato acquistare solo prodotti Made in Italy…ma in realtà non basta, perché purtroppo è sufficiente che una minima parte delle lavorazioni finali, come l’assemblamento o le ultime cuciture siano fatte in Italia per rendere in prodotto Made in Italy. NON BUONO.
E anche per questi prodotti spesso si sfruttano lavoratori extracomunitari senza o con pochissime tutele, come ha evidenziato un servizio di Piazza Pulita andato in onda a Aprile scorso.

Insomma cosa possiamo davvero fare?

Innanzitutto informarci.

Vi consiglio alcune letture e alcuni documentari/servizi di inchiesta che a me sono risultati molto utili.

Partendo con gradualità, il primo libro è Sfashion di Marina Morgatta Savarese, in cui si dice una grande verità, la moda non è universale. I famosi must have non sono universali, ognuno di noi ha il suo stile che lo rende unico…o le vedo solo io le ragazze tutte vestite uguali, pettinate uguali?

Oltre a The True Cost che già ho nominato prima, vi lascio due link a due servizi televisivi:

Dark Fashion di Petrolio (Rai1 4/5/17) in cui si riprendono stralci del documentario di cui sopra ma si scopre che un paese insospettabile, l’Etiopia stia lavorando per diventare un polo mondiale per l’industria tessile, con la differenza rispetto al Bangladesh di fornire ai lavoratori tutele e garanzie molto più vicine a ciò che si può trovare in un paese industrializzato.

Piazza Pulita (La7 27/4/17), che fa luce su un lato oscuro del tessile in Italia, dove viene sfruttata la manodopera di extracomunitari nelle stesse condizioni di lavoro dei paesi del terzo mondo. Con la beffa di poter marchiare tutto come Made in Italy.

E per chiudere in bellezza Tutto va in frantumi e danza di Guido Maria Brera ed Edoardo Nesi, in cui si affronta il tema della globalizzazione e di come fondamentale abbiamo deciso di barattare i nostri diritti e tutele con beni consolatori che ci fanno sentire più ricchi. Sì perché se posso acquistare 10 magliette in un anno a 10€ mi sento più ricco e credo di spendere meno rispetto a comprarne una sola da 100€.

Cosa possiamo fare noi nel nostro quotidiano? E soprattutto, visto che tra qualche settimana inizieranno i pre-saldi e le offerte nei negozi, come possiamo comportarci per fare la nostra piccola goccia nel mare?

Ve lo racconto la prossima settimana! Nel frattempo mi raccomando, informatevi!

Altri link utili:
Fashion Revolution
Abiti puliti

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