Decrescita (in)felice

Oggi un post un po’ spinoso…so di camminare su un percorso minato ma voglio condividere alcuni pensieri.

Quando scrivo questo genere di post ho sempre il timore di essere fraintesa, ma ho aperto un blog per dire ciò che penso e, se ogni tanto non è un parere su un mascara ma su un atteggiamento, spero lo accoglierete ugualmente.

Qualche settimana fa ho sentito alla radio un paio di testimonianze di decrescita. Anzi, di decrescita felice, così la chiamano. Cosa si intende per decrescita? In una società sviluppata, tecnologica, iperconnessa, dedita al consumismo, la decrescita è rappresentata da un distacco, più o meno marcato e quindi da una sorta di involuzione. Meno consumismo, meno “capricci”, ritorno alle origini, niente cellulare, niente internet e così via.

I due casi di cui ho sentito parlare sono quelli di un uomo che ha scelto di eliminare il cellulare dalla propria vita, usando solo il telefono fisso per le comunicazioni e di una giornalista che per un anno non ha più messo piede in un supermercato.

Tutto questo mi lascia molto perplessa. I giornalisti che commentavano questo fatto, facevano notare la somiglianza di questi due atteggiamenti a quella dell’avvocato Agnelli, che girava senza soldi e senza valigia. Tanto aveva case ovunque, piene di tutto ciò di cui aveva bisogno. Lì ho iniziato a pensare…

Mi è difficile mettere in fila tutti i miei pensieri senza farvi arrivare a metà post con il voltastomaco dal caos…ci proverò, ma non assicuro niente.

Se digitate su Google “decrescita” escono un miliardo di pagine con racconti di gente che vive senza soldi (però ha un blog), che non compra più niente, che ha mollato tutto per vivere nei boschi o a Fuerteventura e via così. Io non metto in dubbio che si debbano ridurre gli eccessi, nel mio piccolo ci provo anch’io e, se volete, una lieve forma di decrescita è applicare il metodo di Marie Kondo. Ma a tutto c’è un limite.

È fortemente radicata in me la convinzione che chi faccia queste scelte non abbia problemi economici, ma possa già vivere in tranquillità. Non ho mai visto nessuno che non arrivasse a fine mese decidere di andare a vivere su un eremo. Magari esiste, ma di certo non ha un blog, o un account Twitter e non viene intervistato da nessuno.

E quel che mi spaventa di più è che tutto questo parlare di boicottare le multinazionali, le grandi catene di distribuzione, privilegiare i piccoli produttori, scappare da una società in cui si vive per lavorare ecc, sta prendendo sempre più piede senza il minimo senso critico. Ora, io come sempre cerco di essere imparziale, anche se chi permette a me e a M. di vivere tranquillamente sono due multinazionali. Ma non mi vergogno a dirlo e lo sapete. Non credo ci sia nulla di male. (Piccola parentesi, quando una piccola bottega chiude, rimangono senza lavoro 5-10 persone. Quando chiude uno stabilimento di una multinazionale rimangono senza lavoro centinaia o migliaia di persone, ci avevate mai pensato?)

Il caso del supermercato

Cosa compra mediamente la gente al supermercato?

  • Cibi freschi come frutta, verdura, latticini, carne e pesce: vogliamo andare dal contadino? Andiamoci. Ma non usiamo la scusa dei prodotti a km 0 se dobbiamo fare 10 km in macchina per andarci (o se lui li fa per venire da noi). A questo proposito, è illuminante questo post di Dario Bressanini. Leggetelo.
    Ci sembra eticamente più corretto? Bene. Normalmente anche la verdura e la frutta che troviamo al supermercato è coltivata da contadini no? Magari invece che un campo 10×10 hanno distese intere…ma pur sempre contadini sono. E poi, cosa usa il “nostro” contadino per concimare, fertilizzare ecc? I prodotti del supermercato sono controllati, sempre, perché nessun gestore può permettersi di vendere prodotti non sicuri. Vi ricorderete certamente la figura che fece quella catena di supermercati in cui fu trovata la mozzarella blu…o i numerosi sequestri dei NAS per il cibo andato a male. Questo succede perché ci sono i controlli.
    Carne e pesce: il macellaio e il pescivendolo si forniscono negli stessi luoghi in cui si rifornisce la grande distribuzione. Però il salame che fa il nostro vicino è buono…sì. Ma la carne è controllata?
  • Cibi confezionati a lunga scadenza come pasta, riso, legumi, farine: tutti abbiamo un mulino vicino a casa dove prendere la farina, impastiamo sempre tutto a mano. Conosciamo il produttore di riso e per i legumi facciamo seccare quelli presi dal “nostro” contadino. Solo al sole però (ecco che in Pianura Padana si smetterebbe di consumare legumi secchi).
  • Prodotti per l’igiene della persona e per la casa: oh beh si può fare tutto con aceto e bicarbonato, che però non possiamo comprare al supermercato, oppure con i cosmetici autoprodotti, il sapone fatto in casa. Sì certo. E per i cosmetici autoprodotti dove andiamo a reperire le materie prime? Online? Ah ecco. Oppure vogliamo comprare i prodotti realizzati da piccole aziende che fanno solo prodotti ecobio, e se non possiamo ordinare online (perché il web non è alla fine un grande supermercato?) prenderemo l’auto per andare a scovare quel negozietto…
  • E la carta igienica?

Ho volontariamente esagerato e commentato con ironia, anche perché se io dovessi fare tutti questi giri probabilmente dovrei licenziarmi e passare comunque il mio tempo in auto per andare a comprare ciò di cui ho bisogno e la restante parte di tempo in cucina a preparare sapone, pane, creme, il dolce per la colazione e, perché no, il latte di soia.

Ma il senso della mia riflessione è un altro: vogliamo attuare una decrescita, tornare alle origini, boicottare le multinazionali? Bene, liberissimi di farlo e di scegliere ciò che crediamo giusto per noi. Però lo facciamo e lo possiamo fare perché abbiamo un livello di conoscenza, di possibilità economica e di agio. Abbiamo conoscenze perché i nostri genitori invece che vivere in un eremo ci hanno fatto studiare a suon di bacchettate (no, non sono stata maltrattata dai miei genitori). Inoltre se ci prendiamo un’intossicazione alimentare da salmonella perché le uova del contadino non sono state controllate o ci ustioniamo con la soda caustica per fare il sapone, esistono le farmacie, gli ospedali, i cellulari, l’auto e i carburanti (benzina, diesel, gpl e metano, ma anche l’energia elettrica sono prodotti da multinazionali) con cui andare dal medico.

Vogliamo fare descrescita? Facciamola nel nostro piccolo! Cominciamo a non acquistare ciò che non ci serve, facciamo una lista della spesa che non ci costringa a buttare metà del cibo perché è andato a male prima di consumarlo, ritroviamo del tempo per stare con la nostra famiglia invece che su Facebook, andiamo a fare una passeggiata in compagnia. E il cellulare usiamolo per chiamare quel nostro amico che abita lontano e che non vediamo mai, e poi prendiamo l’auto, o meglio ancora il treno, e andiamolo a trovare.

Non serve andare a vivere su un eremo per fare decrescita intelligente e neanche smettere di andare al supermercato. Basta usare il cervello. E magari non andare al supermercato la domenica.

Ps. Sempre per ridere, se il bicarbonato non lo potete comprare al supermercato, provate a mettere in pratica il metodo Solvay per la sua produzione: vi basta un po’ di ammoniaca (celo), una soluzione satura di acqua e cloruro di sodio (celo), e un po’ di anidride carbonica (reperibile). Otterrete dell’ottimo bicarbonato DIY e anche un po’ di cloruro d’ammonio, che potrete portare al “nostro” contadino come fertilizzante. Ovviamente sto scherzando, non azzardatevi a fare nulla di tutto ciò. Che già una volta ho trovato uno che voleva comprare una bombola di idrogeno per fare la fissione nucleare in garage. Parliamone.

No, non fatelo.

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