Addio casa…

Addio.

Se penso alla nostra attuale dimora, nei suoi 50 mq scarsi, che dove ti giri prendi contro a qualcosa, che le ante degli armadi vanno aperte con cautela perché è tutto stipato, che lo stendino è sempre in mezzo ai piedi, che l’abat jour è il led del robot aspirapolvere, che se litighiamo non possiamo andare in una stanza e chiuderci dentro perché tanto sei sempre lì, che si fanno le corse per arrivare per primi in bagno la sera e l’altro sta fuori saltellando per non farsela addosso.

Questa è la nostra prima casa. Quella di cui ci siamo innamorati due anni fa vedendola su internet e dopo averla visitata la prima volta abbiamo fatto il bagno nell’amuchina viste le condizioni in cui era tenuta.

Quella che abbiamo pulito a fondo come non mai e poi abbiamo passato tutto il pomeriggio a svuotare tutta l’acqua della lavatrice a 90°C dal tubicino del filtro perché era intasato, con sauna facciale “aggratis” annessa.

Quella dove abbiamo nascosto le chiavi di casa nelle gomme da neve il giorno del matrimonio e le abbiamo cercate a tentoni alle 3 di mattina. Quella dove riesci a sentire la tv anche se sei in bagno, ma se ti stai asciugando i capelli nessuno sente più la tv.

Quella delle corse folli al pronto soccorso (che tanto è vicino) quando una fetta di formaggio è costata 5 punti sul pollice a M. e i batteri sloveni mi sono costati un’inutile laparoscopia…quella delle feste in casa dovendo spostare tutti i mobili che se no non ci stiamo. Quella in cui non so dove mettere i suoceri a dormire e quindi tornano a casa la sera quando vengono a trovarci con le provviste per l’inverno/primavera/estate/autunno.

Quella dove i compiti con mia sorella si fanno sul letto perché non c’è altro posto in casa, che se si preparano gli gnocchi bisogna appoggiarli anche sulle sedie perché sono finiti i piani d’appoggio.

Quella che quando sono arrivati i regali della lista nozze sembrava un magazzino di elettrodomestici, che di ritorno dal viaggio di nozze i vestiti da lavare creavano un percorso ad ostacoli in mucchi omogenei di colore, che il tagliaerba è più grande del giardino e non si riescono a fare le curve, dove la vicina ti ferma la sera a spettegolare e tu stai congelando e devi assolutamente andare in bagno, dove l’altra vicina ti taglia i rami della siepe “perché la disturba vederli così”, dove il garage è più grande della casa e #nononcistannodueauto.

Questa è la nostra prima casa. INSIEME.
E la stiamo lasciando per lidi più spaziosi. Qui abbiamo progettato vacanze, feste, immaginato il futuro della nostra famiglia, sorriso e pianto, cucinato e tolto la muffa dai muri.

Sono felice di lasciare questo posto perché sento il bisogno di spazio e di armonia per realizzare il nostro sogno di famiglia. Sono triste di lasciare questo posto perché è per noi il simbolo dell’eterno fidanzamento, di noi due, ragazzi spensierati che si godono la vita.

Vi lascio con un momento aulico di poesia (chiaramente parodistico e vi prego di notare la citazione):

Addio, casa sorgente dall’Adige, ed elevata al cielo; piano terra, noto a chi è cresciuto tra voi, e impresso nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; vicini, de’ quali distingue lo sciacquone, come il suono delle voci domestiche; vicini sparsi e vocianti sul vialetto, come branchi di pecore pascenti; addio!

“Addio monti” (Promessi Sposi di A. Manzoni, capitolo 8)